GÓNGORA E ARGOTE, LUIS DE (1561–1627), poeta spagnolo della fine del XVI e dell’inizio del XVII secolo. Luis de Góngora y Argote nacque in una famiglia privilegiata a Córdoba l’11 luglio 1561. Góngora era destinato a una carriera nella chiesa fin dall’infanzia. Prese ordini minori nel 1575, studiò diritto canonico all’Università di Salamanca dal 1576 al 1581 e divenne diacono della Cattedrale di Córdoba nel 1585. Come rappresentante della cattedrale, Góngora viaggiò molto in Spagna e fece frequenti viaggi al corte di Filippo III. Alla fine si trasferì alla corte di Madrid nel 1617, fu ordinato sacerdote nel 1618 e successivamente divenne cappellano del re. Durante i suoi anni alla corte di Filippo III e Filippo IV, Góngora godette di potenti mecenati, divenne un membro dell’élite culturale, ottenne l’accesso ai circoli più interni della corona e acquisì la reputazione di poeta dotato e stimato uomo di lettere. I problemi di salute e le esigenze finanziarie lo costrinsero a lasciare la capitale nel 1626 per tornare a Córdoba, dove morì il 23 maggio 1627.
Góngora è stato uno sperimentatore di poesia per tutta la vita che ha composto in una varietà di forme poetiche: ballate, canzoni, rondelets e sonetti, tra gli altri. Era anche l’autore dell’opera La fermezza di Isabela (1610) così come il dramma incompiuto Dott. Carlino (1613). Góngora è principalmente conosciuto e ricordato, tuttavia, come il creatore di gongorismo, uno stile di discorso identificato con i suoi capolavori poetici il Favola di Polifemo e Galatea (1612) e la Solitudini (1612–1614). Entrambe sono opere ibride, difficili da classificare per tipologia. Il Polifemo è basato sulla storia del libro tredici di Ovidio metamorfosi che racconta lo sfortunato amore del ciclope Polifemo per la ninfa Galatea, innamorato del bel Aci. Il Solitudini mescola motivi epici e pastorali in due poesie per un totale di circa duemila righe che descrivono in dettaglio il vagabondaggio di un misterioso pellegrino naufrago attraverso la campagna onirica di una terra sconosciuta. Góngora ha autorizzato la pubblicazione di solo alcune delle sue poesie durante la sua vita, anche se le raccolte delle sue opere hanno iniziato ad apparire poco dopo la sua morte.
Quando il Polifemo e Solitudini diffuse per la prima volta a corte, scatenarono una tempesta di polemiche sull’innovativo linguaggio poetico impiegato da Góngora. Gongorismo, denominato anche cultismo or culteranismo, cioè, lo stile colto o colto, si riferisce a un discorso elegante pieno di ornamenti retorici: iperbata (inversioni dell’ordine naturale delle parole), neologismi, parole latine e sintassi, concezioni elaborate, allusioni mitologiche e così via. Il gongorismo è uno stile consapevolmente provocatorio e talvolta enigmatico rivolto a un pubblico erudito e aristocratico, capace e disposto a decifrare gli enigmi linguistici posti nei versi. I clamorosi detrattori di Góngora, che includevano scrittori importanti come Lope de Vega e Francisco Quevedo, si opposero a ciò che vedevano come l’affettazione e l’oscurantismo deliberato dello stile Gongorine. Il grande dibattito Góngora, che si svolse in noti scambi di lettere caustiche, versi satirici e alle accademie letterarie, fu essenzialmente una battaglia su quale tipo di stile poetico sarebbe diventato quello predominante: un tipo di discorso più semplice e chiaro, più accessibile a una vasta gamma di lettori, o il linguaggio più elaborato del gongorismo, che si rivolgeva a un pubblico più ristretto e intellettualmente più impegnato. cultismo; spesso associato al manierismo e al barocco, e spesso paragonato al marinismo in Italia e all’eufuismo, lo stile elegante e artistico identificato con lo scrittore inglese elisabettiano John Lyly, alla fine vinse la vittoria e molti discepoli. La potente influenza del gongorismo fu eclissata nel diciottesimo secolo, solo per essere resuscitata dalla Generazione spagnola dei poeti del 1927, un gruppo così chiamato in onore del tricentenario della morte di Góngora, le cui complesse metafore ammiravano particolarmente.
Nel corso degli anni, Góngora è stato chiamato sia il “Principe delle Tenebre” che “l’Angelo della Luce”. Non sorprende che, fino ad oggi, le opere del poeta e il gongorismo rimangano oggetto di considerevole dibattito. Mentre alcuni critici vedono nel gongorismo la costruzione di un mondo di parole indipendente che non ha nulla a che fare con il regno dell’esperienza quotidiana, e in qualche modo anticipa la letteratura postmoderna, altri immaginano nel poeta cultismo un linguaggio criptico impiegato per creare allegorie critiche della Spagna imperiale. Ancora un altro gruppo di studiosi vede il gongorismo come un tentativo di restituire al linguaggio poetico il potere visionario del cotone idrofilo, il poeta-profeta dell’antichità classica e di fare della poesia un veicolo per esplorare i misteri dell’universo. Sebbene questi punti di vista critici differiscano notevolmente, mostrano tutti un maggiore interesse per Góngora e il gongorismo come poeta e stile poetico strettamente legati alla cultura di corte della Spagna asburgica e dell’Europa in generale all’epoca.