Bonifacio viii

Bonifacio viii (Benedetto Gaetani, c. 1235–1303), papa della chiesa cattolica romana (1294–1303). Legato da rapporti familiari non solo con i primi papi Alessandro IV e Nicola III ma anche con le famiglie Orsini e Colonna, Gaetani studiò giurisprudenza a Bologna, lavorò come notaio alla Curia Romana, prestò servizio in ambasciate in Francia e Inghilterra, dimise l’incarico di legato pontificio in Francia, e nel 1291 divenne cardinale sacerdote di San Martino. Amministratore capace, esperto ed energico, era per temperamento audace, testardo, formidabilmente testardo e, almeno negli ultimi anni, incline a dannose esplosioni di irascibilità che alcuni hanno attribuito in parte a dolorosi attacchi con “la pietra”. Purtroppo, la giustapposizione del suo energico pontificato con il breve (e caotico) regno del suo predecessore, il devoto papa eremita Celestino V, si è rivelato un caso di uomini sbagliati in un ruolo cruciale al momento sbagliato e nella sequenza sbagliata . I guai che affliggono i due pontificati sono solitamente presi per segnare la grande svolta nelle fortune del papato tardo medievale.

Certamente, le difficoltà e le controversie che segnarono il regno di Bonifacio VIII sono servite ad oscurare ai posteri le conquiste più positive del papa. Questi erano abbastanza reali. Il suo riordino del sistema fiscale e amministrativo curiale, la sua pubblicazione nel 1298 del Il sesto libro, una compilazione giuridica supplementare alle decretali di Gregorio IX, il suo patrocinio nel 1300 dell’anno giubilare a Roma, la sua sentenza decisiva dello stesso anno sui rapporti tra il clero diocesano e il clero degli ordini mendicanti, la sua fondazione nel 1303 di un studio generale a Roma, tutte ebbero conseguenze importanti, e alcune di esse permanentemente positive. Tuttavia, anche questi risultati indiscutibilmente positivi a volte hanno generato problemi per Bonifacio. Pertanto, l’aumento del sostegno finanziario e del prestigio papale derivante dall’enorme flusso di pellegrini a Roma durante il Giubileo potrebbe aver rafforzato la sicurezza di Bonifacio e incoraggiato a essere troppo inflessibile nei suoi successivi rapporti con il re francese. Allo stesso modo, mentre erano formulate in modo imparziale e accurato, le misure da lui introdotte per porre rimedio al dissenso e al disordine nel governo diocesano generati dalle ampie esenzioni e privilegi precedentemente concessi agli ordini mendicanti riuscirono tuttavia ad alienare molti dei frati. Ancora una volta, il suo inasprimento del sistema fiscale papale dopo il caos del precedente pontificato e, all’interno dei territori papali, il suo successo nel reprimere il disordine, imporre il controllo papale ed estendere i possedimenti dei suoi parenti Gaetani lo hanno portato in un conflitto fatale con gli interessi fondiari della potente famiglia Colonna.

I problemi con Filippo IV, re di Francia, erano iniziati già nel 1296 e si concentravano sul diritto dei monarchi di tassare il clero dei loro regni. Le ostilità tra Filippo ed Edoardo I d’Inghilterra erano scoppiate nel 1294, e anche in assenza del consenso papale i due re si erano impegnati a tassare le loro chiese nazionali. Bonifacio, rispondendo a una protesta lanciata dai cistercensi francesi, si è mosso nel toro Clero laicato (24 febbraio 1296) per proscrivere (in assenza di esplicito permesso papale) ogni tassazione laicale del clero. Nel clima prevalente dell’opinione, con il sentimento laico nei due regni che favoriva i monarchi e parte del clero incline a sostenerli, le minacce di scomunica si rivelarono inutili. Il prestigio del papato era caduto troppo in basso per consentire il dispiegamento con successo di tali armi spirituali – così basso, infatti, che nel 1297, di fronte anche all’opposizione combinata in Italia della famiglia Colonna e dei francescani spirituali, Bonifacio fu costretto a scendere a compromessi sulla questione della tassazione e di fatto per concedere il principio che aveva tentato di stabilire.

Quella concessione, tuttavia, non gli impedì di reagire con grande fermezza quando nel 1301 Filippo IV arrestò Bernardo di Saisset, vescovo di Pamiers, lo processò, lo gettò in prigione e chiese al papa di approvare quelle azioni. Bonifacio ha risposto rilasciando i tori Salvatore del mondo e Ascolta, figliolo, chiedendo la liberazione del vescovo, revocando i privilegi fiscali precedentemente concessi al re francese e ordinando la partecipazione dei vescovi francesi a un concilio che si terrà a Roma nel novembre 1302 per considerare la condizione della religione in Francia.

Sconfitto da un esercito fiammingo a Courtral nell’estate del 1302, Filippo usò abilmente la scusa di un’emergenza nazionale per vietare la partecipazione dei vescovi francesi al concilio romano. Il carattere abortito di quell’assemblea, tuttavia, non impedì a Bonifacio di emettere nel novembre 1302 la bolla Io credo uno, un documento piuttosto derivato ma culminante con la famosa dichiarazione “È assolutamente necessario per la salvezza che ogni creatura umana sia soggetta al Romano Pontefice”. La risposta di Philip fu ancora più energica. Radunando l’opinione nazionale durante la primavera del 1303 in una serie di assemblee a Parigi, e facendo eco alla vecchia chiamata Colonna per la convocazione di un consiglio generale per giudicare il papa, Filippo autorizzò anche il suo consigliere Guillaume de Nogaret a guidare una spedizione in Italia per impadronirsi del persona del papa e riportalo indietro per il giudizio.

Da qui si sviluppò la straordinaria catena di eventi che portarono all ‘”oltraggio di Anagni” il 7 settembre 1303: l’attacco al palazzo papale da parte di Nogaret e Sciarra Colonna, l’umiliazione dell’anziano papa, il suo successivo salvataggio da parte dei cittadini di Anagni, e la sua scomparsa subito dopo a Roma. La pressione francese non terminò affatto con la sua morte, e da allora Bonifacio VIII è stato dipinto come il papa che, pur avanzando alcune delle più ambiziose rivendicazioni mai fatte per il potere del papato medievale, riuscì anche a far precipitare il suo declino.

Bibliografia

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