Il monaco buddista cinese Chih-i (538-597) fondò una delle scuole più popolari del buddismo cinese, il T’ien-t’ai.
Chih-i, noto anche come Chih-k’ai, nacque Ch’en Wang-tao nella Cina meridionale nel 538. Crebbe in un periodo caotico, durante il quale la Cina settentrionale era governata da invasori delle steppe settentrionali, mentre I cinesi hanno resistito nel sud. Il padre di Chih-i era un consigliere dell’Imperatore della dinastia Liang (502-557). Quando la madre e il padre di Chihi morirono all’incirca nel periodo in cui la dinastia fu rovesciata nel 557, divenne un monaco buddista nella sua provincia natale.
Dopo diversi anni nel sud, Chih-i andò a nord per studiare con Hui-ssu, un famoso monaco buddista. Lì incontrò una tradizione religiosa che, a differenza dell’approccio accademico del buddismo meridionale, incoraggiava le osservanze religiose. Rimase nel nord fino al 568, momento in cui il suo insegnante gli ordinò di tornare nella capitale meridionale per ottenere il sostegno imperiale per la religione.
Chih-i non si trovava nella capitale meridionale molto a lungo prima che le sue lezioni iniziassero ad attirare l’attenzione, arrivando persino all’attenzione della corte. Ha anche guadagnato un numero crescente di studenti. Forse perché aveva ricevuto troppa attenzione nella frenetica capitale, decise di partire per la solitudine dei monti T’ien-t’ai nel sud-est della Cina, dove viveva con un piccolo gruppo di discepoli vicini.
Supportato da ricchi e devoti laici, Chih-i rimase sui monti T’ien-t’ai dal 575 al 585. Poiché in quel periodo produsse le sue dottrine e opere più importanti, la sua scuola di buddismo è nota come T’ien -t’ai setta. È stata la prima grande sintesi nel Buddismo di dottrina, scrittura e metodo. Uno dei concetti significativi e centrali della sua scuola era la fede nella raggiungibilità universale dell’illuminazione. Questa credenza si opponeva alla visione di altre scuole buddiste secondo cui l’illuminazione era qualcosa che pochissimi credenti potevano ottenere anche dopo una vita di devozione religiosa. La setta T’ien-t’ai ottenne un grande seguito in Cina e Giappone.
Nel 585 Chih-i fu convinto a tornare nella capitale e fu accolto con entusiasmo. Solo 4 anni dopo il suo ritorno, lo stato meridionale fu invaso dagli eserciti Sui. Nonostante questo cambiamento, tuttavia, Chih-i è stato in grado di mantenere uno stretto rapporto con il Sui. Il principe Sui, Yang Kuang, volendo mostrare il suo sostegno al buddismo, chiese a Chih-i di rimanere a Yang-chou, la capitale meridionale di Sui, ma presto tornò nell’isolamento dei monti T’ient’ai. Chih-i morì durante un altro viaggio nella capitale nel 597.
Ulteriori letture
La discussione più completa sulla vita e le opere di Chih-i può essere trovata in Leon Hurvitz, Chih-i (538-597): Un’introduzione alla vita e alle idee di un monaco buddista cinese (1963). Un brano più breve che pone Chih-i nel contesto dei suoi tempi può essere trovato in Stanley Weinstein, “T’ang Imperial Patronage in the Formation of T’ang Buddhism”, incluso in Prospettive sul T’ang, a cura di Arthur F. Wright e Denis Twitchett (1972). □