L’umanista, poeta e storico italiano Pietro Bembo (1470-1547) fu l’uomo di lettere più influente durante l’Alto Rinascimento in Italia.
Pietro Bembo è nato a Venezia. Il suo dotto padre, Bernardo, era prominente negli affari civici e diplomatici e Pietro beneficiava della residenza e dell’istruzione a Firenze, Venezia, Padova e Messina. A Firenze conobbe Lorenzo il Magnifico, il più famoso dei signori-patroni Medici. Bembo acquisì presto un notevole prestigio in materia letteraria grazie alla sua vasta cultura classica e alla sua capacità di scrivere raffinate prose e poesie toscane. Fu anche segretario dei papi Leone X, Adriano VI e Clemente VII.
Nel 1530 la sua città natale nominò Bembo storico della Repubblica di Venezia e capo della celebre biblioteca che in seguito fu chiamata la Marciana. Perseguendo una carriera ecclesiastica e temendo di perdere benefici lucrativi, si astenne dal sposarsi e quindi non riuscì a legittimare i suoi tre figli, nati da una donna romana. Nel 1539 Papa Paolo III lo nominò cardinale e fino alla sua morte nel 1547 Bembo fu considerato un probabile candidato al papato.
Le successive generazioni di critici hanno considerato il talento letterario di Bembo piuttosto modesto, ma la sua influenza durante la sua vita è stata immensa. Un abile latinista, ha tuttavia incoraggiato l’uso letterario del volgare, che ha insistito dovrebbe essere toscano piuttosto che qualsiasi altro dialetto, e Gli Asolani (1505) fu la prima opera in prosa scritta in toscano da un autore non toscano. Questo lavoro influenzò molti autori successivi di trattati sull’amore per il modo prevalentemente letterario in cui trattava le questioni filosofiche sull’amore. Molti dei concetti di Bembo erano basati su Marsilio Ficino Commento (1469) su Platone Simposio, e Bembo continuò la tendenza del Ficino a cristianizzare la teoria dell’amore di Platone.
Apparentemente, Asolani insegna ai suoi lettori “a non sbagliare”, poiché “non amare” è impossibile. Nel primo dei tre dialoghi il personaggio Perottino espone gli spiacevoli risultati dell’amore. Nel secondo dialogo Gismondo esalta l’amore indiscriminatamente. Nel dialogo finale Lavinello afferma che per amare bene bisogna seguire la ragione, non i sensi. Petrarca Canzoni (odi) adornano i dialoghi.
Il Prose della volgar lingua (1525; Prosa in volgare), in cui Bembo impiegò nuovamente la forma del dialogo, è forse la prima grammatica italiana. Si tratta di un documento cardine nella secolare polemica sulla lingua italiana (il questione della lingua), in quanto afferma con forza il carattere fiorentino della lingua nazionale. La storia di Venezia di Bembo dal 1487 al 1513 fu pubblicata postuma nel 1553.
Ulteriori letture
Ernest Hatch Wilkins, Una storia della letteratura italiana (1954), contiene materiale su Bembo. Vedi anche Francesco de Sanctis, Storia della letteratura italiana (2 voll., 1870; nuova ed. 1914; trad. 1931), e Richard Garnett, Una storia della letteratura italiana (1898). □